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“Scantu” di Adele Tirante, al Teatro di Racalmuto (Ag) il debutto italiano

marzo 23, 2009 by Staff interno  
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Adele TiranteDopo aver debuttato nel maggio del 2008 alla “Rassegna interculturale del teatro di narrazione: il dono della diversità” di Roma, arriva in Sicilia “Scantu”, premiato alla 48° edizione del Premio Riccione per il Teatro. Il testo, scritto da Adele Tirante ed interpretato dalla stessa autrice con Nella Tirante, Francesca Giuliano, Marco Carroccio ed Alessandro Scarcella si avvale del coordinamento artistico di Donato Castellaneta, conosciuto per le sue interpretazioni in La dolce vita di Federico Fellini e per aver ‘vestito’ i panni di Marx ne La classe operaia va in paradiso.

Il progetto, frutto della ‘fusione’ dei gruppi “Cosa sono le nuvole” e “Viaggio Inverso”, vede tra le proprie fila artisti che si sono formati sui palcoscenici teatrali italiani, strizzando l’occhio a grosse produzioni cinematografiche. Questo è il caso di Adele Tirante, che ha appena finito di girare con Giuseppe Tornatore il suo Baaria e di Nella Tirante, scelta dal regista Luciano Melchionna nel film in uscita Ce n’è per tutti che vede come protagonista Stefania Sandrelli.

L’Associazione Culturale “Cosa sono le nuvole”, che produce “Scantu” ha scelto per il debutto italiano le due date siciliane che rappresentano un ‘passaporto’ ideale verso importanti ‘piazze’ nazionali. Il 17 aprile al Teatro Regina Margherita di Racalmuto (Ag), diretto in passato da Leonardo Sciascia, si alzerà il sipario di un doppio appuntamento siciliano che vedrà la giovane compagnia ‘chiudere’ alla Sala Laudamo – Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 23 al 26 aprile.

“Scantu”, cioè spavento, si riferisce ad un rito di liberazione dalla paura, che fa parte della cultura magica siciliana. Proprio attorno ad un terrore si consuma la vicenda, il tormento domestico di una ragazza, una paura improvvisa che scomoda lo stupore di diverse interpretazioni: si scontrano la cultura magica popolare, le spiegazioni della scienza, le soluzioni dell’ortodossia religiosa ufficiale.

Una scena scarna, il confortante e a tratti inquietante volto di una vecchia, delle voci che emergono dal buio a fare da contraltare a ricordi e pensieri sospesi; una statua che prende vita… il tutto veicolato da una lingua stilizzata, un dialetto siciliano trattato attraverso il ritmo delle cantilene dei riti magici, delle preghiere pagane, che invadono l’immaginario di un mondo ingenuo. Una cifra stilistica caratterizza questo lavoro sia nella scrittura che nelle immagini, ed è quella della ripetizione ossessiva, che porta ad un ritmo ipnotico, e ad una dimensione che parte dal reale e ha le qualità di una visione onirica. Il mondo raccontato pervade la lingua in cui si esprime e viceversa in una inestricabile fusione: questo testo non avrebbe potuto essere scritto altrimenti.

Alla base dell’operazione una vicenda semplice, una passione profonda per la lingua e la sua fascinazione, per la cultura popolare e il tentativo di sanare le contraddizioni di diverse prospettive culturali attraverso la forza unificante dell’ispirazione nella creazione artistica. Un’innegabile vocazione musicale pervade la scrittura, se si potesse usare questa espressione, si potrebbe proprio dire che questo testo è stato scritto “a orecchio”.

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